Tempo di lettura: 4 minuti

Whitespace o non whitespace? Questo è il dilemma.

Almeno una volta nella sua carriera, un progettista grafico si è sentito dire: “mi sembra troppo vuoto con tutto questo bianco!” 
In quel momento, si manifestano due possibili reazioni:
a) perdersi in un contorto monologo sui sacri principi di armonia della progettazione grafica.
b) sorridere ed assecondare l’interlocutore riempiendo tutto con scritte giganti, colori sgargianti, sfondi a tema, immagini e forme varie.

Il più delle volte, qualsiasi tentativo di spiegazione non sarà sufficiente a destarli dalla loro convinzione. Per cui, l’opzione b prenderà il sopravvento.
Una volta rettificato il lavoro, il cliente rimarrà stupito e soddisfatto e al progettista resterà solo un amaro sospiro di sollievo. Ma molto amaro!
Purtroppo la verità è che, così facendo, non si fa altro che sovraccaricare di elementi il progetto, compromettendone chiarezza e comprensione. 

Non lasciatevi sopraffare dallo sconforto. Sfoghiamoci insieme in questo articolo!

Whitespace come strumento di comunicazione

Chiariamo subito un dato fondamentale: il bianco è un elemento di comunicazione molto potente, perché mette in evidenza le parti più importanti del progetto, garantendo pulizia a livello visivo e donando maggiore leggibilità al contesto.

Il bianco è un difetto? Un modo triste per dichiarare che noi grafici non abbiamo abbastanza fantasia per riempire gli spazi? Niente di più falso.
Partiamo dalle basi. La psicologia dei colori ci insegna che il bianco comunica purezza, semplicità, spazio ed eleganza. Questo lo rende uno strumento molto utile nell’ambito grafico e del marketing. Inconsciamente o meno, il più delle volte, le opzioni grafiche che sfruttano il potere dello spazio in modo adeguato, sono quelle che convincono di più. Questo accade perché ciò che non c’è, dà valore a ciò che c’è e per citare una frase molto popolare: less is more. Anzi, white is more!

Ed ecco di seguito alcuni motivi per cui si dovrebbe utilizzare:

Sfruttando adeguatamente lo spazio bianco, l’artefatto risulterà meno confuso, più funzionale e ordinato. Il suo più grande potenziale sta nel mettere subito in evidenza gli elementi importanti, conferendo armonia e immediatezza all’insieme. Tutto ciò vale sia per i supporti stampati che per il web design. Questo concetto si è evoluto nel tempo, tant’è che l’utilizzo del bianco ha permesso di progettare i migliori prodotti delle aziende più affermate. Non possiamo negare, che se pensiamo ai grandi brand di lusso, il Whitespace è il principale strumento adoperato per comunicare eleganza e sofisticatezza.
Ebbene si, whitespace. Utilizziamo i termini tecnici per definirlo. Lo troviamo  anche distinto in due tipologie, micro e marco whitespace. Il primo, viene sfruttato per bilanciare e scandire le “pause” di un testo: come la distanza che troviamo tra un titolo e un paragrafo, o l’interlinea che separa due righe di testo. Il concetto di macro, fa riferimento allo spazio bianco inserito all’interno di un contesto grafico.

Per di più, abbiamo anche whitespace passivo e attivo.

Tutta questa teoria per parlare di un semplice spazio bianco? Si è così, e c’è anche di più. Esiste anche la differenza tra whitespace attivo e passivo. Il primo guida l’attenzione di chi guarda o legge passando da un elemento all’altro dell’artefatto grafico attribuendo enfasi e struttura all’insieme.
Per whitespace passivo si intendono quelle operazioni che vanno ad alleggerire un progetto grafico travolto dalla confusione: margini più ampi, dimensioni del font, aumento dell’interlinea, e quant’altro. Per fare un esempio, tra questi due testi è ovvio quale sia il più leggibile! Grazie alla pausa tra le righe, l’insieme e la lettura risultano decisamente piacevoli.

Non dimentichiamoci che, il whitespace non é sempre bianco.

Contrariamente a ciò che evoca il nome, non si tratta sempre di mancanza di colore o tono, ma può essere qualunque colore che rappresenta lo spazio vuoto o negativo nel design: quindi, qualsiasi altro colore di sfondo, ma anche una trama o una fotografia. Basta sfruttare in modo funzionale il materiale che abbiamo a disposizione.

Vogliamo parlare anche dello spazio bianco come invito all’azione?

Se devi progettare un design per spingere un utente all’azione, non puoi pensare che sia intuitivo inserire la call to action ammassata tra altri mille elementi. Considerando che per l’utente tutto può essere motivo di confusione, progettare gli spazi bianchi di conseguenza, indirizzerà meglio l’azione che vogliamo far compiere. 

E ancora, il whitespace è uno strumento emozionale.

Non è forse l’emozione l’obiettivo da raggiungere attraverso il design? Tipografia, colore e immagini sono le armi a nostra disposizione. Sono tutti elementi utili per imporre drammaticità ed impatto, ma probabilmente, lo spazio bianco aggiunge la maggior parte del dramma e dell’emozione. Pensate, infatti, ad uno spazio bianco che circonda il titolo principale, facendo risplendere l’immagine di sfondo e trasmettendo così emozioni positive.

A questo punto, bisogna resistere all’impulso di riempire ogni spazio.

La tendenza talvolta è questa. E spesso si insinua anche nei nostri progetti. Tante volte quando intercettiamo una zona vuota nel nostro design, iniziamo a chiederci “che posso aggiungere qui?” Dobbiamo abbandonare questa mentalità e valorizzare per bene gli elementi protagonisti della comunicazione.

In conclusione, come far valere tutte queste sante regole?

A prescindere dai principi finora analizzati, per convincere il nostro cliente dobbiamo puntare su un progetto pulito a livello visivo, che comunichi nell’immediato senza bisogno di tante spiegazioni. Anche ai meno esperti arriva un messaggio ovvio. Basta trovare la giusta combinazione tra i principi spiegati finora ed elaborare per bene le esigenze del cliente. Ricorda sempre, che i grandi brand ci danno il buon esempio.

Non ti arrendere!